Filippo D'albero

Ho scelto di portare uno scorcio del mio percorso come esempio anche perché, a differenza di Matteo, preferisco lavorare in autoregolazione. Può perciò essere interessante vedere come, sebbene il coach sia lo stesso (ebbene sì: io), gli approcci possano essere diversi a seconda delle esigenze.

Come sappiamo, una volta fissato l’obiettivo cerchiamo di “fotografare” la situazione attuale per scegliere come procedere. Il mio passato agonistico negli sport di forza mi ha causato non pochi infortuni e disturbi. Un infortunio che mi limita particolarmente nell’allenamento quotidiano – e in particolare nel powerlifting – è quello alle spalle.
Fin dall’infanzia soffro di lassità legamentosa a entrambe le spalle: da bambino ero in grado di lussarmele e riposizionarle, e lo facevo spesso per gioco. Questo, sommato a un carente tono muscolare della zona, ha fatto sì che l’articolazione fosse soggetta a lussazioni e sublussazioni.

Nel mio periodo agonistico nelle MMA e nella lotta ho subito molti infortuni alle spalle, dai quali sono derivate una lesione del cercine della spalla destra pari all’85%, la lesione di Hill-Sachs e una lesione di tendini e legamenti dell’articolazione. Ho subito due operazioni, e ad oggi vanto un innesto osseo con viti in titanio, una protesi alla testa dell’omero e vari “aggiustamenti” di tendini e legamenti.
Avrei dovuto subire la stessa operazione anche alla spalla sinistra, ma per via di grosse difficoltà nel periodo post-operatorio ho preferito evitare. Da qui è iniziato il mio percorso con i pesi, inizialmente volto a riabilitarmi per gli sport da combattimento.

Una digressione tanto lunga potrebbe sembrare inutile, ma mettere a fuoco la storia sportiva di ogni atleta è importante per capirne i limiti, le esigenze e, dunque, per prendere le decisioni migliori.

La mobilità in extra-rotazione delle mie spalle è molto limitata, in particolare quella della destra – ho una placca di osso che limita i movimenti dell’articolazione per evitare nuove lussazioni. La mobilità limitata e la fragilità e scarsa stabilità dell’articolazione mi provocano molti fastidi; e mi infortuno facilmente con i movimenti di squat e panca. Con il tempo ho capito che uno dei miei limiti più grandi è la quantità di volume sostenibile nella singola seduta di queste due alzate.
Ecco il primo aspetto di cui tenere conto: necessito di spezzare il volume necessario a progredire in più sessioni, così da poterlo tollerare senza infortuni o infiammazioni.

Poiché ho uno studio di personal training nel quale trascorro quasi tutte le mie giornate, posso permettermi di allenarmi come e quando voglio, purché i miei impegni lavorativi lo consentano.
Necessitando di diverse sessioni e non avendo molto tempo da dedicare ai workout giornalieri, ho deciso di stabilire una frequenza allenante di 5 volte a settimana, riducendo il volume della singola sessione e con esso il tempo necessario a espletarla.

I miei fastidi articolari sono legati anche al carico. Vincoli di tempo e vincoli di carico mi hanno spinto a concentrarmi sulla densità degli allenamenti: i miei recuperi (che sono brevi per un powerlifter) mi impongono l’uso di carichi medi inferiori, ma mi permettono di accumulare più volume nel poco tempo a disposizione.

Notate bene: ho mostrato pima due variabili che negli altri esempi hanno rilevanza minore. Questa è la prova che sono le nostre esigenze a sancire la rilevanza di una variabile che in altri casi potrebbe essere secondaria.

Abbiamo così fissato i primi tasselli della mia programmazione:

Parliamo ora di volume: quanto me ne occorre?

Nel mio caso, squat e panca hanno sempre avuto un miglioramento proporzionale al volume che ci dedicavo; ma il volume che produceva progressi si traduceva spesso in infortuni.

Il massimo rateo di progressi nello squat l’ho avuto tra le 13 e le 18 serie allenanti settimanali, mentre per la panca tra le 16 e le 20. Il volume dedicato allo stacco è molto limitato: rispondo meglio a volumi ridotti e intensità medie elevate; la maggior parte del volume e dello stimolo ipertrofico per le gambe lo accumulo con lo squat.

Analizzando questi elementi, ho pianificato una prima fase di accumulo, formata da due onde di volume. Alla fine della prima – con una progressione lineare delle ripetizioni per serie –, avrei adattato il volume del blocco successivo in base ai risultati ottenuti nelle singole esecuzioni pesanti.

La ripartizione settimanale delle 3 alzate è stata:

Poiché voglio una programmazione sport-specifica, riservo sempre almeno un giorno a settimana all’allenamento delle tre alzate, nel mi concentro sul lavoro tecnico. Questo mi serve per perfezionare l’esecuzione e le abilità coordinative e motorie, nonché per dissipare fatica tra il giorno di ipertrofia e quelli di forza.

Le sessioni di forza di squat e stacco sono separate, ma non alleno mai lo stacco senza aver fatto priamo uno squat o una sua variante, così da abituarmi ad affrontare l’alzata con le gambe affaticate come avverrà in gara.

Il mio obiettivo è diventare più forte, per questo la selezione degli esercizi accessori è secondaria alla programmazione principale. Ad ogni modo, arricchisco il lavoro di powerlifting con esercizi accessori che mi permettano di sviluppare un corpo più bilanciato e armonioso, e che combattano gli aspetti posturali negativi dovuti alla pratica sport-specifica.

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