Mobilità e Stabilità – Sfruttare al meglio la Quarantena

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La quarantena sta avendo un impatto notevole sulle abitudini di molti di noi.

Da appassionati dell’allenamento con sovraccarico, mirato alla forza e/o all’ipertrofia, molti di noi si trovano a modificare radicalmente i loro allenamenti o, nel peggiore dei casi, rinunciarvi completamente.

Oggi Andrea Pesce, atleta e collaboratore del NERD TRAINING CENTER, ci spiega come sfruttare al meglio questa condizione, lavorando su aspetti molto importanti nella nostra preparazione, quali Mobilità e Stabilità, che spesso vengono tralasciati.

Seguendo le sue indicazioni potremo tornare a perseguire i nostri obiettivi, una volta terminato questo periodo difficile, con un corpo più equilibrato ed avendo ridotto fortemente il rischio infortuni.

Lacio a lui la parola

Qui trovate la versione video dell’articolo

PARTE TEORICA – Perché lavorare sulle debolezze

Presentazione e problematiche dell’allenamento

Mi presento sono Andrea Pesce, atleta Nerd training Center, laureato in scienze motorie e formatore in campo fitness. Oggi parliamo di una componente troppo spesso trascurata da atleti e coach: l’importanza dell’attività di compenso.
Spesso lombalgie o problematiche articolari sono risolvibili lavorando sul giusto correttivo. Non sempre i deficit sono imputabili ad una rigidità o debolezza muscolare nella regione specifica del dolore.
Può essere che quella regione necessiti di stabilità oppure che una struttura lontana abbia qualche compenso nella sua attivazione.
Questo articolo vuole fare capire fondamentalmente due cose:
Perché lavorare su questi aspetti, parte più teorica
Come lavorare su questi aspetti, parte più pratica

2.Breve intro alle capacità organico muscolari con introduzione alle capacità coordinative
In un precedente video Filippo e Lorenzo hanno trattato molto bene il triangolo delle capacità condizionali, forza-veloctà-resistenza. Quel video ci ha fatto capire come sia impossibile massimizzare tutte queste capacità e quindi l’obbiettivo è andare verso la specificità.

Le altre capacità motorie sono la coordinazione e la mobilità articolare, allenabili molto bene fino ai 12 anni. Per mantenere i risultati ottenuti con l’allenamento bisogna mantenere lo stimolo allenante, altrimenti il lavoro fatto in tenera età rischia di perdersi.
Vedremo più avanti come sia fondamentale curare queste ultime due capacità per la performance.

3.Mobili si nasce o si diventa?
Quando si parla di sport e fitness bisogna avere ben in mente questo grafico.

Se la nostra genetica non è stata particolarmente clemente non avremo mai 45cm di braccio, anche se ci allenassimo una vita.
Per la mobilità funziona allo stesso modo. Ci sono persone che nascono con una predisposizione naturale a raggiungere determinate posizioni e skills, come ad esempio Erion, atleta nerd training center. Senza un allenamento estenuante sulla mobilità riesce ad eseguire un arco sulla panca piana davvero notevole.
Non va fatto l’errore di dire “Non sono portato, non ha senso lavorarci”. Perché è proprio l’opposto! Se non sei portato DEVI lavorarci, perché sarai più predisposto a rigidità muscolari che possono gravare sull’articolazione.
La forza può essere considerata anche come un’abilità. Un soggetto geneticamente non portato può raggiungere livelli di forza notevoli su un gesto come lo squat. Viceversa un soggetto molto portato potrebbe non raggiungere mai il suo livello di forza su quel gesto specifico. La quantità e qualità dell’allenamento determina la bravura su un gesto sportivo.
Questo esempio per dire che anche nelle skills della mobilità l’allenamento può portare una persona brava a sfruttare la mobilità toracica, anche se particolarmente rigido di natura. Serve costanza, tempo e la corretta progressione.

4.L’allenamento da prediligere e perché allenarle anche dopo
All’aumentare della forza dovrebbe aumentare anche la capacità di avvertire il proprio corpo nello spazio (propriocezione). Il rischio è di continuare a spingere senza rendersi conto di cosa si stia facendo, andando a gravare sulle articolazioni.
Il “basta spingere” non è dannoso… almeno fintanto che si è molto lontani dal proprio potenziale genetico.
Oltretutto una corretta padronanza del corpo rende molto più efficiente l’esecuzione degli esercizi complementari. Con una buona padronanza del corpo, la flessione dell’avambraccio sul braccio (curl bicipit) sarà eseguita con pochissimi compensi, andando ad attivare il muscolo target.
Esercizi di mobilizzazione, che non si limitano al semplice stretching, aiutano anche a sviluppare un miglior ascolto del proprio corpo, andando ad agire sui fusi neuromuscolari e sugli organi tendinei del golgi (recettori posturali)

5.La prevenzione degli infortuni (strutture troppo deboli, strutture troppo forti)
Il corpo umano è una macchina che può essere considerata molto forte o molto debole a seconda del condizionamento. La signora Pina che non ha mai fatto niente in vita sua è molto più vulnerabile a cadute ed a problematiche legate all’inattività (osteoporosi, sovrappeso) rispetto alla signora Maria che ha vissuto una vita più sportiva.
Per quanto riguarda gli atleti, le problematiche legate all’infortunio spesso sono da imputare a disfunzioni legate al movimento.
Un muscolo può risultare ipoattivato, iperattivato oppure può presentare rigidità che ne limitano l’attivazione. Un classico esempio è il trapezio sulla panca piana: molte persone presentano una ipoattivazione che scaturisce una debolezza ai fasci inferiori del trapezio, a contrario dei fasci superiori che sono iperattivati e spesso più ipertrofici.
Per quanto riguarda l’articolazione del ginocchio abbiamo una protezione strutturale dovuta ai tendini ed ai legamenti, ma è il muscolo il principale protettore dell’articolazione a patto che venga rispettata una condizione.
L’equilibrio tra i distretti.

Se abbiamo dei femorali (distretto posteriore) troppo debole rispetto al quadricipite (distretto anteriore), il rischio di farci male o di stallare nei progressi è molto più alto.
Quindi: se abbiamo adduttori o glutei carenti, lavoriamoci! Lo stesso discorso vale per la mobilità. Nel caso in cui gli adduttori siano particolarmente rigidi è bene detensionarli, performance e salute articolare ne gioveranno.
Qui sotto trovate un pentagono che si differisce dal triangolo delle capacità condizionali: in quest’ultimo infatti l’obbiettivo è andare verso la specificità e andare nella direzione della nostra disciplina.

Nel pentagono invece l’obbiettivo è quello di stare più al centro possibile, ossia avere livelli di forza bilanciati con ipertrofia, resistenza specifica, stabilità articolare e mobilità. Più divento forte e più dovrò svolgere lavori di compenso per ridurre il rischio infortuni. Non è vero che se faccio powerlifting sono destinato a convivere coi fastidi.

PARTE PRATICA – Come lavorare sulle debolezze

1.Aggiustare il tiro e capire dove lavorare
Una corretta valutazione funzionale è alla base per capire quale parte del nostro corpo abbia bisogno di maggior attenzione. Può essere fatta da un fisioterapista o tramite l’esecuzione di esercizi che diventano dei test. Questi test possono essere inseriti nella routine di attività preventiva.
Il primo grande passo per migliorare è trovare l’esercizio adatto alle nostre capacità, senza copiare chi è più bravo di noi.

2. Il piede
Il piede è la struttura con più articolazioni del nostro corpo, 66 tra i due piedi.
Considerando che ogni articolazione è un recettore posturale capiamo subito l’importanza di aver un piede ben condizionato. Pensate che il numero di articolazioni nel corpo umano è 360, quindi il piede contiene il 18% delle articolazioni totali.
Un buon test per valutarne la funzionalità è il seguente.

Si può effettuare un lavoro specifico per migliorare la funzionalità dell’alluce o delle altre 4 dita grazie a degli elastici.

3. La caviglia
Una rigidità di caviglia può essere gravosa per l’articolazione del ginocchio.
Lavorando come formatore ho notato come chi avesse problemi al ginocchio avesse una correlazione con un’estrema rigidità di caviglia.
Il test proposto è quello delle 5 dita, eseguendo una flessione dorsale.

Attenzione anche all’anca ed alla schiena! Il piede e la caviglia hanno molte sinergie con i muscoli dell’anca, come il grande gluteo. Quindi per un bel lato B è importante avere un piede che funziona correttamente.

4. L’anca
L’anca ha molti movimenti funzionali, oggi analizziamo la retroversione del bacino e l’anteroversione. Questi due movimenti sono alla base per una buona funzionalità di tutto il sistema.
Chi soffre di iperlordosi avrà lo schema di retroversione del bacino alterata.

Retroversione significa portare la zona lombare a contatto con il tappetino, anteroversione significa sostanzialmente far vedere il sedere ed inarcare la schiena.

Nel powerlifting una marcata anteroversione è sempre controproducente perché porta molto stress nella zona lombare e dei femorali.

5. La respirazione
La respirazione gioca un ruolo fondamentale sia per la performance, sia per il fitness. Nell’allenamento femminile gioca un ruolo di primaria importanza, essendo la respirazione direttamente collegata con il ritorno venoso. Problemi di ritenzione idrica possono essere associati a difficoltà della gestione respiratoria.
Fondamentale saper differenziare respirazione toracica da respirazione diaframmatica ed unirle effettuando una respirazione completa. Nello squat e nello stacco sono di vitale importanza.

6. L’upper, colonna lombare-scapole-cervicale
Saper differenziare i movimenti della colonna è importantissimo per attivare a dovere il muscolo target e per non avere rigidità in una struttura che può causare dolore.

Di solito l’estensione e flessione cervicale non rappresenta un problema, eccetto per chi soffre di cervicalgia. Adduzione e abduzione scapolare dovrebbero essere per un powerlifter il pane quotidiano, in quanto la panca è un’unione di adduzione e depressione scapolare. Infine muovere la colonna lombare senza compensi.

Valutiamo struttura dove sono presenti maggiori difficoltà e la nostra routine sarà incentrata sul riportare il corretto schema di movimento.

7. La spalla
La spalla è l’articolazione più mobile che abbiamo, oggi analizziamo la sua mobilità in flessione (foto). Se il braccio rimane molto distante dal pavimento il rischio è di non sviluppare omogeneamente il distretto del deltoide. Il lavoro mirato sarà di allungamento degli intrarotatori, ossia piccolo pettorale, gran dorsale e gran pettorale.

Importante dopo l’allungamento inserire esercizi che sfruttino la nuova mobilità raggiunta, altrimenti il tutto non si fissa nel SNC.

Consci quindi dell’importanza di questo lavoro e gettate le direttive su come approcciarsi all’allenamento mirato alla stabilità e mobilità, possiamo sfruttare questo periodo di quarantena per dedicarci con attenzione allo sviluppo di queste qualità.
In questo modo alla ripresa dei nostri allenamenti sarà sufficiente mantenere i progressi ottenuti per garantirci una qualità maggiore dei movimenti ed incorrere in un numero inferiore di fastidi ed infortuni

Andrea Pesce, laureato in Scienze Motorie L22, laureando LM68 scienze e tecniche sportive, docente presso Accademia Italiana Fitness.

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