COME RAGGIUNGERE UN SECONDO POSTO EUROPEO NEL NATURAL BODYBUILDING – LA STORIA DI ANGELO

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COME SI ARRIVA A SALIRE SUL PODIO DI UN EUROPEO DI NATURAL BODYBUILDING?

Molti potrebbero pensare che il merito sia esclusivamente del coach e che un duro allenamento ben pianificato ripaghi sempre degli sforzi fatti. La cruda verità è che, alla base, l’atleta deve avere una genetica al di là dell’ordinario. Questo non significa che l’impegno e la dedizione non contino nulla: una volta compreso il talento dell’atleta, è essenziale sfruttarlo al massimo, e ciò richiede impegno, costanza, sacrificio e consapevolezza delle proprie capacità.

Del mio lavoro di coach, amo proprio questo. Aiutare i ragazzi che seguo a esprimere il loro massimo potenziale, trasformando in realtà i sogni che li hanno spinti a praticare questa disciplina. Il bodybuilding è un percorso che lascia un segno profondo sia nel corpo che nella mente di chi lo pratica. È un punto d’incontro tra scienza e filosofia, se intendiamo la filosofia come la ricerca di sé stessi. La crescita fisica, infatti, è sempre accompagnata da una crescita “spirituale”. Chi pratica questa disciplina inizia a comprendere le moltissime possibilità del proprio corpo e della propria mente. Dunque, sebbene questo percorso non conduca sempre a una medaglia, può donare la vittoria più grande di tutte: la crescita personale. Il percorso di Angelo, mio carissimo amico nonché atleta del team, dimostra come allenarsi in palestra possa diventare una storia di rivalsa.

IL RUOLO DELLA GENETICA

L’abbiamo detto: la genetica gioca un ruolo fondamentale nelle discipline sportive di ogni tipo. Ma quand’è che possiamo dire di avere una buona genetica? Ho notato che spesso questo tipo di ragionamento si trasforma in un limite ben prima che la persona in questione abbia raggiunto davvero i propri limiti. In altre parole, spesso ci convinciamo di aver raggiunto tutto ciò che la nostra genetica ci ha concesso molto prima di averlo fatto davvero. È vero, ciascuno di noi ha un limite genetico determinato dal nostro DNA. Ma per capire qual è davvero questo limite dobbiamo fare una cosa: impegnarci e metterci alla prova attraverso numerosi allenamenti. Solo così potremo testare, e dunque definire, i nostri veri limiti.

Non di rado mi capita di confrontarmi con persone che utilizzano la genetica come scusa per giustificare scarsi risultati, risultati che in realtà non erano ottimizzati a causa di un impegno insufficiente. Di una cosa sono certo: non si può pensare di aver capito se si ha una buona o una cattiva genetica dopo qualche allenamento in palestra. È impossibile. Serve impegnarsi, sempre e per tanto tempo. E così, finalmente, arriviamo alla storia di Angelo, e di come ha fatto dell’impegno il proprio mantra. Un mantra che l’ha portato dritto sul podio.

FASE 1 – CAPIRE CHI SI HA DAVANTI

Ogni atleta è diverso e ha un background unico. Come coach è fondamentale conoscerlo al meglio. Nel caso di Angelo, mi sono trovato di fronte a una persona che proveniva dalla muay thai, poi era passata al calisthenics per approdare infine al bodybuilding. Quando ci siamo conosciuti, Angelo vantava una definizione muscolare fuori dal comune e gestiva volumi di allenamento quasi folli: parliamo di 70/90 serie per distretto muscolare a settimana. Sedute di allenamento interminabili. Numeri che perfino io faticavo a concepire.

La sua routine mi colpì particolarmente fin dal primo istante: sveglia presto, allenamenti, studio. Nonostante avessi notato la sua genetica eccezionale in termini di qualità muscolare, c’erano delle criticità nel metodo con cui si allenava:

1. Le gambe erano molto indietro rispetto alla parte superiore del corpo. Uno sbilanciamento che probabilmente si portava dietro dal calisthenics.

2. Commetteva numerosi errori tecnici nella gestione degli esercizi, soprattutto usando gli attrezzi liberi.

3. L’ossessione per la forza, affiancata a un volume di lavoro elevatissimo ma spesso non qualitativo, lo portava a stallare su alcuni esercizi e a spostare stimoli e volumi sempre sui distretti più forti pur di tenere alto il carico sul bilanciere.

4. Gli infortuni dovuti a un sovraccarico di lavoro non mancavano.

5. Angelo odiava stare in surplus calorico, il che lo manteneva fisso a un certo peso. Sì ai deficit esagerati, no ai surplus calorici marcati.

Ora immaginate di avere un atleta che per anni si è allenato in questo modo. Un atleta dedito al duro lavoro, alla religione del “no pain no gain”. E poi immaginate di dovergli dire, in toni molto amichevoli, “per ottenere di più devi fare di meno”.

Beh… io ci ho provato. E c’è voluto almeno un paio d’anni per farglielo capire, attraverso stratagemmi e aggiustamenti nelle programmazioni per cercare di tenere a bada i volumi. Non è stato affatto facile, ma ci siamo riusciti. Almeno ora non fa più 70 serie allenanti per gruppo muscolare.

Devo dire che anche io, come coach, ho imparato molto da Angelo. Quando ti trovi di fronte qualcuno che è praticamente un outsider è difficile abbandonare quelli che ti sembravano dei veri e propri dogmi dell’allenamento.

Sebbene i volumi di lavoro siano diminuiti, restano comunque molto alti. Si tratta di volumi che non tutti riuscirebbero a sostenere mantenendo una progressione nei carichi. A mio avviso, il suo background negli sport da combattimento e nel calisthenics (prevalentemente endurance) ha aiutato a costruire una capacità di lavoro ben al di sopra della media degli utenti delle sale pesi. Questo, combinato con la sua innata volontà di lavorare duro, ha generato un atleta predisposto agli alti volumi. Potrebbe fare molto meglio se seguisse ciò che sulla carta risulta ottimale? No, perché lo farebbe male e controvoglia. Ciò che è ottimale sulla carta non è detto che sia ottimale per ogni singolo individuo.

FASE 2 – PRIMA FASE DELLA PROGRAMMAZIONE

In questa sede non tratterò nel dettaglio la parte della programmazione volta a riequilibrare i volumi. Ci concentreremo invece sulla preparazione in vista della competizione. 12 settimane di lavoro suddivise in 4 mesocicli, con una settimana di pre-gara.

La prima fase riguarda le qualificazioni all’AINBB di Perugia, seguite dagli Italiani e dagli Europei, disputati lo stesso giorno. Per la prima fase della programmazione abbiamo ripartito le serie allenanti settimanali in questo modo:

• 19 serie per i quadricipiti

• 17 serie per i femorali

• 24 serie per i pettorali

• 36 serie per il dorso

• 27 serie per il deltoide laterale

• 24 serie per i bicipiti

• 24 serie per i tricipiti

Serie totali – 171

Le uniche tecniche particolari che abbiamo adottato erano delle parziali in allungamento simili ai myoreps, qualche top set e backoff, e amrap post core sets.

Come si può notare, il focus era soprattutto su dorso e braccia. La ragione è semplice: valutare le carenze e i punti forti in un atleta di bodybuilding è cruciale per dominare sul palco. Per il dorso abbiamo lavorato sull’armonia complessiva, suddividendo in modo ottimale gli esercizi per l’upper back, il gran dorsale e quelli specifici per il trapezio. Benché non fosse un gruppo particolarmente carente, necessitava di qualche lavoro aggiuntivo per la cura dei dettagli.

Per le braccia, invece, il lavoro è stato fondamentale, in particolare per i tricipiti, che erano più arretrati rispetto ai bicipiti. Sul tricipite abbiamo lavorato in estensione completa del gomito negli esercizi di spinta, una cosa che Angelo tendeva a evitare, rendendo ciascuno di questi esercizi troppo focalizzato sul deltoide anteriore e sul pettorale. In aggiunta, abbiamo optato per esercizi che coprivano tutti i vari profili di resistenza, dando spazio a lavori con moment arm ampio in allungamento e mid range. L’idea era di non esagerare subito con volumi diretti sul tricipite, ma di aumentarli gradualmente attraverso correzioni tecniche degli esercizi di spinta. Questa strategia ha permesso ad Angelo di ottenere, durante la peak week, un PR sulla panca piana con 120 kg x 5 ripetizioni, dove il suo problema era sempre stata la chiusura.

In questa fase, però, sono iniziati anche i primi problemi legati a un grave infortunio alle ginocchia, che ci ha costretti a ridurre drasticamente il numero di esercizi per il quadricipite.

Per quanto riguarda il petto, la selezione degli esercizi è stata orientata per lo più verso quelli che coinvolgevano i fasci claveari del pettorale, il punto debole di Angelo. Abbiamo adottato questo approccio per tutta la durata della programmazione, dato che Angelo era già abbondantemente sviluppato a livello sternocostale.

FASE 3 – LA SECONDA PARTE DELLA PROGRAMMAZIONE

Una volta valutati i progressi, abbiamo deciso di comune accordo di continuare a puntare sulle carenze. La programmazione stava funzionando bene: Angelo recuperava e i distretti miglioravano. Ma persisteva ancora una lieve disarmonia. Perciò abbiamo incrementato i volumi, questa volta lavorando maggiormente anche sui femorali. Ecco come abbiamo ripartito le serie di questa fase:

• 18 serie per i quadricipiti

• 20 serie per i femorali

• 27 serie per i pettorali

• 41 serie per il dorso

• 27 serie per il deltoide laterale

• 30 serie per i bicipiti

• 25 serie per i tricipiti

Serie totali – 188

Il volume è incrementato circa del 10% nei distretti che erano ancora visibilmente indietro. Abbiamo dunque implementato il lavoro su femorali, dorso e braccia, mentre il resto è rimasto invariato.

Purtroppo, però, durante la prima fase di questa programmazione le ginocchia hanno iniziato a peggiorare. Vorrei soffermarmi su questo punto. Sappiamo che l’incremento dei volumi è correlato a un maggiore rischio di infortuni. Ma in questo caso i volumi erano rimasti praticamente invariati. Sapevo, quindi, che non dovevo cercare l’errore in allenamenti eccessivi o carichi di lavoro superiori alle capacità. Solo più avanti, attraverso analisi strumentali, abbiamo scoperto che il problema derivava da un accumulo di liquidi, un encondroma di 10 mm nel ginocchio destro e uno strappo a livello dell’adduttore destro. Problemi pregressi, dovuti probabilmente ai lunghi e logoranti allenamenti che Angelo seguiva prima di iniziare il percorso insieme.

Detto ciò, possiamo entrare nel dettaglio della programmazione per i quadricipiti di Angelo. Gli esercizi principali erano:

• Squat machine

• Pendulum squat

• Pressa

• Leg extension

Purtroppo, l’infortunio ci ha costretto ad abbandonare presto i primi due macchinari. La squat machine enfatizza il carico assiale, mentre la pendulum, poiché è un esercizio in allungamento, sollecita l’articolazione in un ROM piuttosto critico per soggetti con patologie pregresse. La soluzione? Spostare il volume su pressa e leg extension e, a seconda dei dolori del giorno, inserire qualche variante come squat liberi o macchinari specifici che potessero ridurre il carico assiale.

Nonostante le difficoltà Angelo è riuscito a gestire tutto alla perfezione: ha continuato dritto per la sua strada, seppur lamentando svariati dolori. Come diceva il grande Arnold, “la scalinata per il successo non può essere percorsa con le mani in tasca”.

FASE 4 – L’ULTIMA FASE DELLA PROGRAMMAZIONE

Passiamo ora all’ultima fase della programmazione. Di seguito, un riepilogo delle serie allenanti:

• 15 serie per i quadricipiti

• 23 serie per i femorali

• 27 serie per i pettorali

• 45 serie per il dorso

• 23 serie per il deltoide laterale

• 24 serie per i bicipiti

• 34 serie per i tricipiti

SERIE TOTALI – 191

L’aumento del volume totale è trascurabile. Ciò che conta qui è la ripartizione. Le cosce mantengono lo stesso volume di prima, ma questo volume è distribuito maggiormente sui femorali: gli unici esercizi per i quadricipiti sono presse e leg extension. Il volume per il pettorale rimane invariato. Dato che il dorso necessitava degli ultimi ritocchi, invece, abbiamo optato per un piccolo incremento. Il lavoro per il deltoide laterale è stato ridotto di 4 serie (abbiamo tolto un esercizio in favore del lavoro sul dorso). Parte del lavoro sui bicipiti è passato ai tricipiti, in seguito agli incrementi progressivi attraverso le correzioni tecniche. Questa nuova ripartizione ci ha permesso di concentrarci maggiormente sulle ultime rifiniture, affinché mettessero in risalto i diversi distretti muscolari.

FASE 5 – LA PEAK WEEK

La peak week è un argomento di cui si discute sempre molto. Il modo in cui la si gestisce dipende molto dal coach, ma a mio avviso dovrebbe essere sempre adattata all’atleta. Mi spiego meglio. La maggior parte dei coach opta per volumi molto alti con esercizi di “pompaggio” oppure per volumi intermedi, cercando di mantenere buoni carichi su ripetizioni medio-alte.

Nel caso di Angelo, abbiamo scelto basse ripetizioni e carichi elevati per gli esercizi principali e ripetizioni medie per gli accessori, continuando a cercare di migliorare la prestazione riducendo leggermente le serie, circa del 15%. Una scelta un po’ controcorrente e certamente rischiosa.

Quando dico che un approccio dipende dall’atleta, parlo proprio di questo. Se un atleta si è allenato prevalentemente con ripetizioni medio-basse, perché cambiare tutto l’ultima settimana? Il feeling sarebbe completamente diverso. Le alte ripetizioni potrebbero affaticare l’atleta a livello più mentale che fisico, specialmente se si trova già in una condizione difficile a causa del deficit calorico. Ho sentito dire spesso che in questa fase si curano i dettagli grazie all’effetto del pump. Beh, preferisco non esprimermi su idee come questa, dato che, in una settimana, si può fare ben poco a livello di costruzione. Mantenere il lavoro simile a quello che si è fatto nelle settimane precedenti, modulando l’RPE in base alla disponibilità energetica, si è rivelata la strategia vincente per Angelo. Alcuni carichi continuavano ad aumentare, altri venivano mantenuti. Non si poteva chiedere di meglio. Il risultato è stato un secondo posto alle qualifiche di Perugia, un sesto posto agli italiani e un secondo posto all’europeo.

COSA PORTARE A CASA

Sebbene la preparazione possa sembrare un percorso estremamente complesso dal punto di vista della pianificazione dell’allenamento, posso dire che non è esattamente così. Le logiche di base sono molto semplici:

• Trova un insieme di esercizi con cui l’atleta si sente a suo agio e mantienili.

• Opta per esercizi principali su cui puntare a livello di carichi, che ti consentano di valutare la prestazione e, di conseguenza, lo stato fisico dell’atleta.

• Condisci il tutto con accessori strutturati in base alle leve dell’atleta, distribuendo correttamente gli esercizi in funzione dei punti carenti, della sostenibilità di ciascun esercizio e dei vari profili di resistenza che ogni esercizio offre.

• Ogni 4-6 settimane, analizza i progressi e rielabora il piano in base a ciò che emerge. Il segreto è non variare troppo. Un cambiamento del 10% del lavoro complessivo è un buon punto di riferimento in termini di volume.

• Varia gli esercizi il meno possibile. Meglio togliere che aggiungere. Ogni nuovo esercizio richiede un tempo di apprendimento che, specie a ridosso delle competizioni, è solo tempo perso.

• Il grosso del lavoro si fa prima, non durante la preparazione finale. Insegna all’atleta a gestire adeguatamente gli esercizi di base su cui lavorerà durante la preparazione, e poi getta le basi per una pianificazione in vista della gara.

• Il cedimento non è tuo nemico, ma un alleato. La maggior parte degli accessori dovrebbe essere eseguita con un RPE di 8 o superiore.

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Filippo d'Albero

La mia passione per lo sport nasce da bambino: all’età di 4 anni ho iniziato a praticare Karate e, da quel momento in poi, l’amore per le arti marziali e gli sport da combattimento non è mai scemato, culminando in una breve carriera professionistica nelle MMA. Dopo essermi laureato in Ingegneria dell’Automazione ho continuato a studiare e frequentare palestre, fino a scegliere di abbandonare la carriera di ingegnere per dedicarmi al 100% al mio progetto più importante: il Nerd Training Center. Nel corso di questi anni il Nerd Training Center ci ha portato a coltivare atleti di caratura nazionale ed internazionale, produrre attrezzatura per l’allenamento della forza ed essere ospitati in tutta Italia per trasmettere il nostro metodo e le nostre conoscenze.

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